Kiri, Sud Sudan - Estate autunno 2000 #3
Sabato 9 settembre: malattia del sonno, pecore e capre
Sono sempre qua. Mi sono perso il matrimonio di Pierre, e la cosa mi fa rabbia. Pero’ devo ammettere che quello che faccio qui è utile, perché effettivamente il laboratorio ha bisogno di un supervisore, e il laboratorio è il punto focale del progetto. Mi spiego: MSF sta cercando di eradicare la Malattia del Sonno dalla regione (Nord Uganda e Sud Sudan), e per farlo bisogna curare la gente in massa, in modo che le mosche Tze-Tze non trovino più materiale umano su cui infettarsi e quindi trasmettere l’infezione. Ma questa malattia, detta anche Tripanosomiasi, non ha sintomi chiari e definiti: prurito, un po’ di febbre, anemia; la famosa sonnolenza che le ha dato il nome non appare prima degli stadi finali. Bisogna quindi che il massimo di individui, anche chi si sente bene, venga in laboratorio a farsi testare. Abbiamo quindi assunto numerose persone chiamate "Sleeping Sickness Assistants (SSA)", che vanno in tutti i villaggi a spiegare che cos’è la Sleeping Sickness e a convincere la gente a venire da noi. Risultato, arrivano le folle. Li facciamo sedere su delle panche di fronte al laboratorio, e a ciascuno diamo un fogliettino di carta con data, nome, sesso, età, villaggio, e su cui verrà via via trascritto il risultato delle varie analisi. Vengono fatti entrare per gruppi di dieci, e si siedono su una fila di sedie disposte in diagonale in mezzo al laboratorio. A tutti viene tastato il collo per vedere se hanno dei ganglioni e, se si, gli viene fatto un prelievo di linfa. Mentre la linfa viene esaminata al microscopio, a tutti, ganglioni o no, viene prelevata una goccia di sangue dal dito, e un rapido esame mostra l’eventuale presenza di anticorpi contro la malattia del sonno. Viene poi effettuato un test di conferma della presenza di anticorpi e quindi se realmente positivi vengono cercati i tripanosomi nel sangue con il microscopio a fluorescenza. Sono dei vermetti ripugnanti che si agitano, sembra proprio che ballino la samba, e quando li vediamo abbiamo la certezza che si tratta di Tripanosomiasi. A questo punto è necessario sapere a che stadio della malattia è giunto il paziente: se gli orrendi mostri si limitano a ballare nel sangue o nella linfa, oppure se hanno invaso il sistema nervoso centrale. Gli viene quindi fatta una puntura lombare, cioè un prelievo del liquido che si trova dentro il midollo spinale (da noi fatta dal medico, qui da semplici tecnici). L’atmosfera in laboratorio in fin di mattinata è allora la seguente: fuori, una calca a cui vengono chiesti i dati e che ricevono foglietti bianchi; dentro dieci persone sedute a cui viene palpato il collo, da un lato quelli a cui viene preso il sangue dal dito, dietro gli altri a cui viene fatto un prelievo dalla vena, e di fianco a una porta stanno seduti coloro che aspettano il loro turno per la puntura lombare. A volte urla inumane arrivano dai tre punti in contemporanea; è quando i prelievi vengono fatti a bambini. I decibel vengono inoltre aumentati dalle centrifughe e dagli altri apparecchi, e dalle discussioni tra i tecnici per i turni della pausa pranzo. Può crollare il mondo, ma quando è il loro turno di andare a mangiare, ci vanno.
Più in alto vi ho parlato della necessità di distinguere tra i due stadi della malattia. Infatti, i pazienti al primo stadio vengono curati con due iniezioni al giorno di una medicina chiamata Pentamidina per una settimana; nessun problema, pochi effetti secondari, tutti minori. E alla fine di questa settimana, hop, guariti. Ma se sono giunti al secondo stadio, le cose si complicano. E infatti necessario usare l’Arsobal, un farmaco a base di arsenico. La cura è più lunga, l’Arsobal può essere somministrato solo per via endovenosa, e ha vari effetti collaterali molto gravi: rovina le vene, e a volte provoca convulsioni, coma e morte. C’è una mortalità dovuta al farmaco del 5 -10 %. Ma non abbiamo scelta: la mortalità della tripanosomiasi non curata è del 100 %! Di fatto, un’alternativa all’Arsobal c’è: si tratta della Difluornitina, o DFMO. Purtroppo la casa che lo produce, la Hoechst, ha smesso di fabbricarlo, perché antieconomico, e le nostre scorte saranno presto esaurite. L’OMS ha ora il brevetto del DFMO, ma si aspetta che qualcuno si decida a produrlo. MSF sta prendendo in considerazione l’idea di appaltare un laboratorio farmaceutico per fabbricarlo. Sarebbe ora, in agosto abbiamo avuto sette decessi dovuti al farmaco in una settimana, preceduti da una notte di convulsioni.
A parte queste amenità, la vita qui procede tranquilla. Il mio tukul è finalmente pronto, ma ho dovuto dipingermelo da solo. Domenica scorsa sono venuti ospiti dall’altro progetto di MSF qui vicino, a Kajo-Keji, e ho socializzato tutto imbrattato di pittura. Non si meritavano comunque che io fossi presentabile, perché hanno svuotato tutta la nostra provvista di birra. Ma quella sera ho finalmente dormito in un posto civile, ancora un po’ umido ma molto più asciutto della tenda. Altra novità è il nostro zoo: da quando sono arrivato abbiamo un montone che pascola in giardino; ora abbiamo anche due pecore, un agnellino, delle galline e dei pulcini. Inoltre c’è sempre Silvestro, il nostro gatto bianconero. All’inizio oltre al gatto, c’era solo il montone, comperato con l’intenzione di mangiarlo. Ma Monica ci si è affezionata, lo ha battezzato "Kaproni", e ci fa gran corride, con lei che gli corre davanti e lui che cerca di incornarla. E curioso, quello è il comportamento che i maschi delle pecore osservano in presenza di un rivale. Comunque abbiamo deciso che Kaproni era infelice tutto solo, e così gli abbiamo procurato compagnia; oltre alle pecore di cui sopra, anche una capra. Ma quei cretini che l’hanno presa hanno lasciato al villaggio il suo capretto, e così quella poveretta ha belato disperata tutta la notte. Per risolvere il problema l’abbiamo mangiata il giorno dopo, prima che Monica ci si affezionasse. Il fegato e i rognoni sono finiti a pezzettini in casseruola, è una delle rare volte che mangiato bene qui, e la carne l’abbiamo fatta sul nostro stupendo barbecue in mattoni. Era buona, ma molto dura. Presto oltre alle grigliate potremo anche fare torte, pane e timballi (si spera): infatti è in costruzione anche un forno, con la volta di mattoni! Vi farò sapere se funziona. Dopo mangiato, le serate vengono passate a discutere, bere (birra e un distillato di banane locale che sa di carbonella), ridere, o litigare. Il bere è un po’ migliorato ultimamente, quando Gianni, il nostro logista ha portato da Arua due bottiglie di Pastis, una di Rum e una di Martini rosso. Io ho fatto quattro cubetti di ghiaccio usando i copritappo delle flebo. Ma siccome qui bevono come spugne, queste baccanali dureranno poco.
Be’ devo smettere perchè qui tutti vogliono sempre usare il computer e mi cacciano via. A presto, e un abbraccio