Kiri, Sud Sudan - Estate autunno 2000 #2
Lunedi 28 agosto 2000: punture lombari e docce eroiche
Ciao a tutti. Sono arrivato a Kiri esattamente tre settimane fa, e cercherò di darvi un quadro generale del progetto, del lavoro, e della nostra vita qui. MSF ha costruito un centro specializzato per il trattamento della malattia del sonno qui perché c’è una forte presenza del male in questa regione alla frontiera tra Uganda e Sudan. Ci sono tre centri in Uganda, e non ce n’era nessuno dal lato sudanese. Così MSF ha creato dal nulla un ospedale con una sessantina di letti, con tutte le amenità necessarie: ufficio, laboratorio, elettricità a pannelli solari, pozzo, sistema di raccolta dell’acqua piovana, inceneritore, cucine, latrine; di fianco sono stati costruiti gli alloggiamenti del personale e subito al di là le abitazioni per noi di MSF. Il tutto è ancora in costruzione, stanno facendo il tetto adesso a un nuovo reparto e il mio tukul comincia a prendere forma (ma quando sarà finito? Sono stufo di dormire in una tenda striminzita e umida). A proposito di tetti, la classica paglia africana è una meraviglia quando fa caldo: i tetti di lamiera che amano tanto diventano roventi quando fa caldo, mentre sotto la paglia fa fresco. Pare sia stata una lotta convincere la controparte locale a coprire i tetti dei reparti dove sono ricoverati i malati di paglia, loro trovano che la lamiera fa tanto più fino.
La vita qui è abbastanza monotona, quindi non sono sicuro di cosa raccontarvi. Sabato sera la mia collega di laboratorio Véronique e io siamo stati chiamati per un’emergenza: sospetta meningite di una paziente allo stadio II della Malattia del Sonno (cioè quando i parassiti hanno invaso il sistema nervoso). Abbiamo preso le nostre pile, e ci siamo incamminati in una notte buia, ma buia, cercando senza troppo successo di evitare le pozzanghere di fango. Siamo arrivati in reparto, la donna era in coma, ma bisognava fargli una puntura lombare (ago all’interno della colonna vertebrale). Il guardiano va a cercare Edward, il tecnico di guardia, ma torna con Angelo, uno molto coscienzioso ma ancora poco esperto. Dopo due tentativi infruttuosi suoi, e uno altrettanto privo di risultati di Véronique, con quest’ultima che si angosciava per la paziente e tre tizi nerboruti che la mantenevano nella posizione giusta, sono dovuto andare io nel buio che intanto lo era diventato ancora di più a cercare Edward, che è esperto in questa tecnica.. La luce della mia pila stava vacillando, mi sono inoltrato tra le capanne dove alloggia il personale, tiravo accidenti ogni volta che mettevo un piede nel fango, e ho cominciato a chiamare: “Edward”, “Edwaaaard”. Vedo qualche vago lume, qualcuno risponde, mi dice che non c’è, di cercare Steward, non trovo neppure lui, ma infine trovo Joyce, brava pure lei, che viene con me e mi guida in un meraviglioso percorso tortuoso che permette di mantenere i piedi all’asciutto. Finalmente riusciamo a fare sta’ benedetta puntura lombare, torniamo a casa che il pranzo era ormai freddo, ci consoliamo con una birra e un sorso di “Uganda Waragi”, locale distillato di canna da zucchero, e per la prima volta da quando sono qui, rinuncio alla doccia. Faceva troppo freddo (qui solo doccia fredda all’aperto). Puliti si, eroi no. Vado a dormire stravolto, e vengo svegliato alle tre di notte da un gran vociare; erano Helma, Anna e Gilles, tre colleghi, che si erano scolati tutta la bottiglia di Waragi. Viva la febbre del sabato sera.
Domenica abbiamo fatto una lunga passeggiata; meta della gita era un’altra missione di MSF a una quindicina di chilometri da qui. Ci siamo incamminati Anna e Io, essendoci messi daccordo con gli altri che ci avrebbero raccattato con l’automobile a metà strada, siamo partiti di buona lena. La strada, un brutto sterrato, procede in una savana verdissima con l’erba alta un metro e ogni tanto un campicello coltivato a granoturco o manioca. Cominciamo ad essere stanchi e assetati, finalmente la Toyota arriva, ma ci dicono che non c’è posto perché stanno trasportando la donna in coma della sera prima, ma che l’autista ci torna a prendere. Continuiamo a camminare, sempre più stanchi e assetati, e giungiamo ad un bivio, dove siamo ovviamente costretti a fermarci. Aspettiamo un sacco di tempo, cominciamo a preoccuparci, abbiamo la scelta se scioglierci al sole o farci divorare da mosche, zanzare e formiche all’ombra di un’albero, ma finalmente la macchina arriva... da dietro! L’autista ci dice che ci ha cercati ovunque, che era convinto che avessimo preso la scorciatoia. “Quale scorciatoia” chiediamo noi? Comunque siamo arrivati sani e salvi a Kajo-Keji, dove MSF ha riabilitato un ospedale inglese abbandonato e ora adibito a cure generiche (loro ci inviano i pazienti sospetti di Malattia del Sonno, noi gli inviamo gli altri malati). Lì ci hanno offerto un’ottima colazione, poi ci siamo rilassati all’ombra di un mango e abbiamo fatto una partita a Badmington. La domenica è quindi finita tranquillamente, e stamattina ho avuto in laboratorio ben sessantotto pazienti; sono quindi comprensibilmente stanco.