MSF missions

07/02/1999

Armenia 1998 - 4 - Descrizione di Gyumri

Autore: Roberto La Tour

E un po' che non scrivo perché dopo i miei lirismi letterari dovuti agli entusiasmi iniziali, mi sono installato in un tran?tran quotidiano che mette sabbia nella vaselina della mia fantasia. Mi rendo conto che non ho veramente descritto Gyumri, dove vivo, né il mio lavoro, se non a grandi linee. Cercherò di rimediare tratteggiando anche le attività dei miei colleghi, interessanti visto che si occupano di prostitute e dell'atteggiamento della gente nei loro riguardi.

Gyumri è la seconda città dell'Armenia, e una volta era più importante di Yerevan. Anticamente Kumairi poi Gyumri, chiamata Alexandropol nel 1830 dallo Zar in onore di una sua figlia, prosperò parecchio fino alla rivoluzione. In epoca comunista, ribattezzata Leninakan, è diventata un importante centro industriale. Da quel che ho capito, l'Armenia è sempre stata una zona privilegiata dell'Impero, prima di Tutte le Russie poi Sovietico.
Quando il 7 dicembre 1988 uno spaventoso terremoto che provocò più di cinquantamila morti devastò la città e altri centri minori della regione, Gorbatchev in persona si recò sul posto, andò tra la folla e promise un aiuto massiccio e una ricostruzione completa. Solo che poco dopo l'Unione Sovietica sparì, e ci fu una guerra col vicino Azerbaidjan. Risultato, Leninakan riprese l'antico nome di Gyumri, le industrie sopravvissute al terremoto, completamente obsolete dovettero chiudere, soprattutto che molte di esse essendo tessili, hanno sofferto dell'embargo sul cotone ancora in vigore imposto dall'Azerbaidjan. Il risultato finale è una città in cui metà delle vecchie case è ancora in piedi, l'altra metà ha spesso solo più la facciata; i condomini di 8?10 piani (le "mostruosità sovietiche") sono quasi tutti crollati, ed è lì che si è avuto il numero maggiore di vittime; e in tutta la città vi sono baraccopoli composte da containers trasformati in case.

Noi viviamo in centro, in mezzo a case basse in pietra, con le vie che si intersecano ad angolo retto con più buchi che asfalto. C'è un negozio di alimentari ogni isolato. Non siamo lontani dalla piazza centrale, dove la cattedrale è sopravvissuta tranne due guglie, cadute, che si trovano davanti ai gradini dell'ingresso. Di fronte c'è, o meglio c'era un'altra chiesa, di cui resta solo un'arcata. Subito dopo ecco il mercato, che inizia con venditori di saponette, farina, pile, carta igienica sul marciapiede, poi diventa sempre più alimentare fino a che da sotto un arco la cui sovrastruttura è crollata si entra nel mercato vero e proprio. E la stagione sbagliata per frutta e verdura, ma ci sono certi formaggi... Di fronte ci sono negozi di roba da bere, e devo dire che un dollaro la bottiglia di vodka mi sembra ragionevole. Un po' più avanti, si arriva al mercato dell'abbigliamento. Prima di arrivarci, sul marciapiede, si è accolti dallo spettacolo di teste di vacca mozzate e posate per terra, vendute per la preparazione del khash, una leccornia locale che purtroppo non ho ancora avuto l'occasione di gustare. Chissà perché sono lì, tra un ciabattino e un rivenditore di cassette, e non nella parte macelleria del mercato?

Dalla piazza centrale, c'è una via pedonale che sale, con le case tutte intere, e dei negozi un po' più "in". Lì avviene il passeggio, con le ragazze al braccio di mamma, molte di loro truccate come pagliacci e bardate di cuoio nero. Pare che quando fa più caldo, è tutta una minigonna inguinale e un trucco da puttana di quart'ordine, però nell'assoluto rispetto della più integralista verginità. Gli uomini invece sfoggiano lunghi cappotti anche loro di cuoio grigio scuro o nero, così che il tutto da un'impressione di gioconda allegria che riscalda il cuore e che avrebbe ispirato Renoir a dipingere un suo capolavoro. Risalendo questa via, si giunge a una piazza circolare con giardino in mezzo, chiamata "Flamingo". Adesso c'è solo qualche negozio e il giardino è spoglio e deserto, ma sembra che l'estate ci sia musica dal vivo, si balli, ci siano chioschi coi tavolini, e che sia un posto molto allegro. Continuando, si prende un viale che passa davanti a un teatro in cemento dove danno ogni tanto dei concerti e che è vivamente consigliato a chiunque desideri congelarsi piedi, naso e coglioni. Un po' più in là c'è piazza dell'Indipendenza, universalmente conosciuta come "ex?piazza Lenin", con in mezzo lo zoccolo della statua di Lenin, ma niente statua, e su un lato un grande edificio attraverso le cui finestre si vede il cielo, visto che resta solo più la facciata. Allontanandosi verso la periferia, la morfologia cittadina diventa un misto di capannoni inutilizzati, containers abitati, condomini costruiti dopo il terremoto, negozietti e fabbriche abbandonate. Al tramonto, le infrastrutture industriali abbandonate (ciminiere, gru, argani, strutture metalliche, silos) si stagliano contro il cielo, creando nell'aria limpida tra l'ultimo raggio rosso, la luna e le prime stelle uno spettacolo abbastanza speciale.

Alcune sere fa siamo stati invitati all'inaugurazione di un'albergo. George, l'amico nigeriano di Spiros, il nostro coordinatore, vi è stato assunto come cameriere?danzatore. Uscendo dalla città, dopo i depositi merci della stazione, oltre l'ultimo distributore di benzina (uno dei pochi con la pompa, come da noi, e non con bidone, secchio e imbuto), vicino a un cementificio abbandonato, ecco l'albergo. Nel parcheggio, belle auto, nuove Volga, qualche Audi e qualche fuoristrada giapponese; una Mercedes. Noi sempre più perplessi: secondo George, il ristorante è pieno tutte le sere. Ma chi, in questa città può permettersi di andare al ristorante, per non parlare di comperare auto occidentali? Gyumri è praticamente priva di economia. Le poche auto in giro sono vecchie Lada. E poi comunque, perché è così fuori città? Boh, sarà un luogo per coppiette clandestine, o per portare le puttane, pensiamo noi, anche se continuiamo a non sapere dove prendono i soldi. E invece no: entriamo, e veniamo accolti da un rumore infernale. La sala ha tutti i tavoli pieni, c'è una nuvola di fumo tale che non ci si vede, e c'è un cantante e dei musicisti che piantano un gran baccano. In sala almeno cento persone, e non una donna! Ciao alla teoria romantica e poetica delle coppiette clandestine, a meno che abbiano chiuso tutte le signore in cantina in attesa della fine delle libagioni. Noi discutiamo con George, e ci facciamo servire in una stanzetta a parte. Lì il padrone viene a trovarci ogni tanto, ci fa portare altri chili di carne grigliata, versa birra schifosa in bicchieri ancora mezzi pieni di birra buona e viceversa, poi frustrato dall'incapacità di comunicare ci lascia finire di mangiare in pace e bere di nuovo birra decente.
Poi andiamo a vedere cosa succede nello stanzone. Hanno finito di mangiare, e si sono messi a ballare, sempre solo tra uomini (ubriachi). Arriviamo noi, e siamo immediatamente tirati in pista. C?era una sola donna con noi, e ha suscitato un entusiasmo generale. Mentre io ero obbligato ad agitarmi a ritmo muovendo sensualmente le braccia sopra la mia testa, lei è stata presa sottobraccio da due grassoni che la tenevano fermamente e non la mollavano più. Volevo intromettermi, ma c'era un tipo ubriaco fradicio, con una bottiglia di vodka in mano che voleva a tutti i costi brindare con me alla nostra grande amicizia. Credo che alcuni degli avventori fossero piloti di Armenian Airlines, spero che non ripartissero subito. Alla fine siamo riusciti ad andarcene (tutti), stupiti e perplessi, e a tornare sani e salvi a casa.

Come mi sembra di avere già accennato, qui la mentalità è molto conservatrice, leggi ipocrita. Per molti Gyumriani, la prostituzione non esiste, invece di prostitute ce n'è tante. Tra le prostitute stesse, molte di loro non ammettono di esserlo. Allora, come si chiamano? La risposta: "Mamma Rosa". Le mamme rose sono casalinghe che ricevono i clienti durante il giorno, o di sera se il marito è emigrato in Russia. Ci sono poi prostitute vere e proprie che vivono e ricevono nei containers, al freddo. La settimana scorsa, la polizia ne ha prelevate un certo numero e le ha portate all'SVDH, l'ospedale delle malattie veneree. Una decina è stata ricoverata, e sono obbligate a stare lì per un mese, al freddo, senza cibo (devono arrangiarsi a farlo venire da fuori). MSF è molto preoccupata della faccenda: si tratta di un chiaro attentato ai diritti umani, è inoltre assolutamente inutile ospedalizzare per Sifilide, Gonorrea e Chlamidia, sono tutte malattie facilmente curabili. Invece quelle poverette sono come prigioniere, e ricevono dosi da cavallo di ogni sorta di farmaci che rischiano di avere come risultato l'apparizione di ceppi di batteri resistenti agli antibiotici. Per di più, quel grasso cretino del direttore dell'ospedale rifiuta che noi distribuiamo dei preservativi col pretesto che sono un'incitazione alla promiscuità. Lui vorrebbe che si organizzassero delle riunioni "moralizzatrici" con le prostitute per convincerle a cambiare mestiere. Come se qui ci fosse lavoro, e avessero scelta... Il problema è che se si seguissero i protocolli dell'OMS per la cura delle malattie veneree, nessuno mai andrebbe in quell'ospedale, freddo, squallido e puzzolente di kerosene, e non avrebbe ragione di esistere.

Be', spero di avervi dato una descrizione un po' più chiara di Gyumri. Per quel che riguarda specificamente il mio lavoro, non starò ad annoiarvi con dettagli tecnici, tranne che alcuni laboratori sono vere e proprie baracche, e la competenza dei tecnici è a dir poco primitiva.
Il week?end prossimo, vedrò se è possibile andare a sciare, ammesso che abbia il coraggio di prendere la seggiovia che mi hanno descritto.


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