Armenia 1998 - 1 - I primi giorni
In breve i miei primi giorni. Dopo due giorni ad Atene dove sono andato a passeggio e al cinema e dove ho riempito un po? di moduli e ricuperato soldi in ufficio, appuntamento all'aeroporto con le mie due compagne di missione: Anastasia, psicologa già un po' anziana che starà con noi per 3-4 settimane, e un?assistente sociale che resterà qui a lungo. Voliamo con un Tupolev più vecchio di Matusalemme e arriviamo al giocondo aeroporto di Ierevan dove ci aspetta Spiros, il coordinatore. Saremo tre greci e io. Andiamo alla casa di MSF di Ierevan, dove vige la regola che letti e camere sono del primo arrivato. Insomma, ci accampiamo.
Poi partiamo in città tardissimo (e' già passata mezzanotte) in cerca di un ristorante aperto. Lo troviamo, e dopo che l'autista ha ordinato per noi (qui nessuno parla lingue a noi conosciute), ci ingozziamo di carne grigliata. Finalmente a letto tra materassi per terra (ma io che voglio una finestra aperta mi becco una camera).
L'indomani in ufficio tutto il giorno, dove ci annoiamo ma ci indicano i piani di evacuazione in caso di:
1) Terremoto
2) Guerra
3) Incidente nucleare.
Riusciamo a fare una lunga pausa e a prendere un filobus e fare un salto in centro. La città è un po' sovietica come genere. La sera disperatamente in cerca di un ristorante Indiano dove Spiros ci ha dato appuntamento, ma non sembra esistere (e' chiuso). Finiamo quindi senza Spiros in un locale Armeno, guidati da Kathleen, una ragazza belga che è qui da un po' e ci rimpinziamo di nuovo di carne. A letto, ovviamente in camere diverse dalla notte precedente, e il giorno dopo via per Gyumri, ex-Leninakan. Città grigia, nera, marrone, triste e squallida, tutta sconquassata con metà della popolazione che vive in containers. Ci installiamo in una casa che è sopravvissuta al terremoto, dove abbiamo ciascuno una camera (la mia è piena di scatoloni di preservativi), con una cucina decisamente sistemata alla meglio e un bagno un po' complicato perché l'acqua va e viene e bisogna ricordarsi di accendere una pompa rumorosa per riempire la cisterna.
Abbiamo una cuoca/aiutante che cucina bene (e non carne grigliata: cose come pomodori ripieni e minestra di lenticchie), e la sera a volte cuciniamo noi. Adesso che scrivo, in cucina si spignatta e sento il profumo di patate fritte. L'atmosfera in casa e piacevole, e c'è un viavai di armeni che nonostante lo squallore generale sono proprio simpatici. La casa e arredata con cose che piacerebbero proprio tanto a mio fratello, un vero esteta.
Sabato pomeriggio, dopo il nostro arrivo siamo andati al teatro per le commemorazioni del decimo anniversario del terremoto. Molti discorsi ufficiali (in armeno), concerti e danze. La sera al ristorante (l'unico della città?) dove abbiamo mangiato indovinate cosa? Carne grigliata. Domenica, a fare la spesa al mercato. A parte il freddo, simile ad alcuni mercati africani.
Lunedì, l'anniversario del terremoto e quindi vacanza, siamo andati in chiesa dove un sacco di gente accendeva ceri e poi al cimitero. E molto impressionante: le tombe hanno quasi tutte una lastra verticale di marmo nero con inciso il ritratto del defunto. Metà delle tombe sono datate 7 dicembre 1988, e spesso vi è inciso un orologio con le lancette sulle 11,40, ora del disastro. Ci sono numerose tombe con tutta la famiglia, con i ritratti incisi di genitori e bambini.
Oggi abbiamo iniziato a girare ospedali. Quello delle malattie veneree è mostruoso, fortunatamente (per i pazienti) è completamente vuoto. Infatti, secondo la legge, un malato di sifilide, che sarebbe curabile in ambulatorio con un?iniezione, è obbligato a essere ricoverato e a subirne ben 114. Nessuno vuole che la legge cambi sennò l'ospedale chiuderebbe! Un grosso ambulatorio si trova dentro una volta o tunnel di lamiera ondulata, fa così freddo che hanno dovuto chiudere l'acqua. Fortunatamente non ci dormono i malati. Ho visto usare scaldini elettrici per pentole come stufette.
Visto che qui assolutamente nessuno parla una parola di inglese o francese, siamo sempre accompagnati da interpreti, carine, dolci e tenere. E buffo vederle imbarazzarsi e arrossire quando devono tradurre "malattie veneree" o "preservativi". Infatti qui la società è molto conservatrice (verginità fino al matrimonio, eccetera...) e quindi il lavoro di parlare di Sifilide o AIDS non è proprio semplice.