Armenia 1998 - 3 - Natale e capodanno
La festa di natale è stata organizzata nella casa comune di MSF Belgio-Grecia a Yerevan il 25 sera, con istruzioni a ciascuno di portare qualcosa. L?assistente sociale ha voluto fare un piatto che secondo lei è tipicamente greco, un "pastitsio" cioè maccheroni al forno con carne tritata e besciamella. Io ho pensato di produrmi con un Gigot d'Agneau, un cosciotto di agnellone al forno. Siamo perciò andati al mercato di Gyumri, dove al reparto carni ho dovuto mettermi a belare come una pecora per fare capire che volevo carne ovina. Ottenuto uno stupendo cosciotto da due chili per l'astronomica cifra di quattro dollari, e gli altri avendo trovato ciò che gli serviva, siamo partiti alla volta di Yerevan. Lì era stato deciso che ciascuno doveva comperare un regalo, e la sera i doni sarebbero stati tirati a sorte. Quindi la prima cosa che abbiamo dovuto fare è stata di andare a cercare sti' benedetti regali. Spiros ha avuto la brillante idea di comperare un pupazzo peloso che, alla minima vibrazione, si metteva a suonare la musica di "Fra Martino, campanaro..." e "Nella vecchia fattoria, ia, ia, ooh...". Ora, ogni volta che l'auto sobbalzava su uno dei numerosi buchi delle strade incredibilmente ben tenute di Yerevan, e alè: Fra Martino, eccetera. Ovviamente, era privo di interruttore. Che voglia di buttarlo fuori dalla finestra. Pregavo che la sera, quell'oggetto non capitasse a me.
Arrivati a casa, ci siamo messi a cucinare. C'è un solo forno, piccolo, con due posizioni: "spento" e "caldissimo". Una di noi, che per la sua pasta al forno aveva bisogno di calore più moderato e di spazio, è andata a bussare dai vicini che, non solo le hanno prestato un forno ma, in accordo con le tradizioni di ospitalità armena, l'hanno rimpinzata di cioccolatini, dolci, caffè, cognac, vodka e coca-cola. Io ho usato il forno, ottenendo come risultato un'ottimo gigot ma la casa riempita di fumo bianco e dell'odore acre del grasso bruciato. Arrivano i primi convitati, si addobba il salotto di ghirlande, si fa l'albero di natale, si sbevazza, poi tutti a tavola. Il pastisio e lo gigot hanno avuto il loro meritato successo, poi il fidanzato armeno di una dottoressa di MSF, mascherato da Babbo Natale, ha tirato a sorte i regali. Fortunatamente il babacio cantante è finito a Sandrine, la contabile. E? stata pure commessa una gaffe: avevamo comperato una calcolatrice armena, come quelle dei negozi e degli uffici postali, cioè un pallottoliere, e una bottiglia di vodka con una divertente etichetta sulla quale c'era un faccione rubicondo con un paio di baffoni neri. Be', il tutto è capitato ad una interprete armena, alla quale non solo è stato ricordato con tatto e delicatezza che il suo paese è giunto al livello di sviluppo tecnologico delle palline che scorrono su dei fili di ferro, ma sembra che il personaggio rappresentato sull'etichetta della vodka fosse un suo parente morto di recente in ospedale. Ciononostante, è stata una serata simpatica e riuscita.
Il giorno dopo, stufo di gelare o di essere riscaldato da scaldini a kerosene puzzolenti, e avendo davanti agli occhi una enorme, stupenda stufa a gasolio ahimè sempre spenta perché "pare sia guasta", ho deciso di rendermi degno del mio soprannome di Otto Kruntz (personaggio di scienziato pazzo sul Corriere dei Piccoli, parecchi anni fa). Risultato: un Kruntz nero di fuliggine dalla testa ai piedi, una stufa che ha funzionato si e no un'oretta, una casa piena di fumo nero e più fredda di prima a causa delle finestre che si sono dovute spalancare per dissiparlo. Però a qualcosa tutto sto' casino è servito: Sandrine si è data da fare, così che per il week-end di capodanno la stufa sarà riparata. Resto del week-end tranquillo, con decisione notturna il sabato sera da parte di Kathleen (belga) e di Myriam (belga pure lei) di fare le patate fritte, e essendosi lamentate dell'assenza di maionese, le ho insegnato a farla. Il salotto a mezzanotte aveva quindi un'aria vagamente surreale, con due ragazze che pelavano patate, un'altra che faceva colare un filo d'olio e io che giravo vigorosamente le uova. All'una, sempre sul tavolo basso del salotto, si banchettava a base di patate fritte pucciate nella maionese.
Di ritorno a Gyumri, niente di speciale da raccontare, sennonchè ho scoperto che allo SVDH, l'ospedale sempre deserto specializzato nelle malattie veneree, che noi riforniamo puntualmente di test sensibili, specifici, efficaci e semplici da usare per la diagnosi della sifilide, continuano ad usare una tecnica antidiluviana lunga e complicata, che secondo loro è la migliore. Sono andato a vedere due volte come si fa: la prima, tutto è andato in malora per mancanza di corrente; eppure i test forniti da MSF e raccomandati dall'OMS non hanno bisogno di elettricità. La seconda, perché il sangue di montone era emolizzato, cioè danneggiato. Allora gli chiedo ma cos'è sta' storia di sangue di montone? Insomma, ne hanno bisogno per lo svolgimento della reazione. L'estate, pare che un tale animale pascoli nel cortile di fronte al laboratorio, e che regolarmente gli facciano un prelievo. In inverno, vanno dal cugino del direttore dell'ospedale, che ha un allevamento di pecore.
E così arriviamo al 31 dicembre. Si riparte per Yerevan, dove il capodanno è stato organizzato nella casa di MSF Francia (noi siamo MSF Belgio-Grecia), un appartamento in centro. Stavolta si occupano di tutto loro, noi dobbiamo solo contribuire con dieci dollari a testa. L'appartamento è in un complesso di condomini nel più puro stile sovietico, con fili lunghi 20-30 metri tesi tra le finestre e i pali della luce (ma come hanno fatto a tirarli?) con biancheria, tappeti e collant multicolori appesi ad asciugare. I cassonetti della spazzatura sono coperti di gatti randagi in cerca di un boccone; l'ingresso e la scala condominiale sembrano usciti dritti dritti dal più bieco film neorealista, senza luce, con vetri rotti e fili elettrici penzolanti. L'appartamento, invece, come altri che ho potuto vedere, è lindo, pulito e in ordine. Lì siamo accolti da Virginie, che fa da padrona di casa, e da Manana, la capo missione, Giorgiana, che si è procurata delle "écrevisses", piccoli astici di acqua dolce del lago Sevan, vivi, e che bollisce sul momento, in una pentola su uno scaldino elettrico per terra. Insomma, banchettiamo a base di aragosta, salumi e insalata russa insieme ad alcuni ospiti della Croce Rossa. A mezzanotte, stappiamo lo Champagne Armeno, poi ci affacciamo alla finestra dove rischiamo di farci accecare da razzi e mortaretti tirati dalle finestre di fronte e da ragazzini in cortile. Chissà se la biancheria appesa sarà tutta bruciacchiata? A questo punto usciamo, e andiamo in piazza della repubblica, ex piazza Lenin. Lì è stato allestito un immenso albero di Natale, un palco con una specie di pista da ballo, ci sono almeno cinquanta Babbi Natale (l'albero e Babbo Natale sono cose da Capodanno, in Armenia), e vari venditori di petardi e fuochi d'artificio. Balliamo, comperiamo e tiriamo qualche razzo, ci passiamo delle bottiglie di spumante che beviamo a garganella e copriamo di insolenze un gruppo di ragazzini che hanno tirato un petardone (quelli che da noi si chiamano rauti e di cui mio fratello Pierre faceva lo stesso uso alla loro età) che ha bruciato la mano di una ragazza. Sul che qualche sciagurato decide di andare in discoteca. Io che detesto simili posti, li seguo sperando in un cambiamento di programma e suggerendo di andare invece a giocare a bigliardo in un posto che mi hanno segnalato. La fortuna è dalla mia parte: la prima discoteca sta chiudendo, la seconda è cara. Io allora mi metto a pregare "speriamo siano tirchi, speriamo siano tirchi"; preghiera esaudita: trovano dieci dollari a testa troppo cari (di solito è due dollari per gli uomini, gratis per le donne)! A questo punto finiamo in un bar con musica, (Fiuuuh... l'ho scampata bella, niente discoteca la notte di capodanno), dove ben presto vengo adocchiato da un Babbo Natale, completamente ubriaco, che vuole a tutti i costi che mi alzi e mi metta a cantare con lui "Frère Jacques...". Gli spiego che sono Italiano, e allora giù con ?Fra Martino..."; lui, non contento, attacca in tedesco: "Bruder Jakobs, Bruder Jakobs..." e alè, si ricomincia, saltando e tenendosi per mano: "Frère Jacques, Fra Martino, Bruder Jakobs..." sul che, i proprietari del bar devono essersi stufati di tutto sto' casino nel loro locale elegante e raffinato e il babbo natale viene gentilmente invitato a andarsene da un cameriere. Una collega, intanto, aveva freddo e, scoperto che il posto era anche un ristorante, ordina una minestra calda. Risultato, ottiene uno yogurt freddo con cetrioli e aglio. Sul che, finalmente, tutti a nanna.
Dopo due giorni tranquilli passati a Yerevan, passati soprattutto a lottare e ad annerirsi con la stufa a gasolio che alla fine si mette a funzionare davvero bene, andiamo da Kathleen a Sevan, sul lago omonimo. Sembra che sia il secondo lago più alto al mondo, dopo il Titicaca. La cittadina di Sevan è ben brutta, con le sue case non finite e i cantieri abbandonati, ma il lago è di una spettacolare, selvaggia bellezza, circondato da montagne innevate, con spiagge deserte attrezzate di ombrelloni e le rive che iniziano a gelare nei posti meno profondi. Si vede la sabbia sotto uno strato di ghiaccio trasparente, accidenti al fatto che i pattini sono introvabili! Kathleen ha promesso che farà di tutto per procurarsene, intanto il lago gelerà di più; speriamo solo che non nevichi sopra il ghiaccio! Siamo andati poi in una penisola dove ci sono due vecchie chiese armene molto belle, una era aperta e abbiamo assistito a un battesimo. Era una cerimonia interminabile con il prete che ha cantato tutto il tempo. Peccato solo che in questa piccola, antica chiesa di pietra, si sia utilizzata una bacinella di plastica rossa per battezzare il bambino.
Dietro Sevan, c'è una piccola, ripida montagna con in cima il ripetitore della televisione. Kathleen ci dice che da lassù la vista al tramonto è spettacolare, allora io voglio andarci a piedi. Loro mi prendono in giro, dicono che è una sfacchinata, che si gela, eccetera, sul che scommetto una birra che arrivo in cima in mezz'ora. Va bene, mi dicono che vanno in macchina per la strada che passa dietro, e che mi aspettano sulla cresta. Mi incammino, è una sfacchinata davvero, arrivo in cima in 28 minuti, e non c'è nessuno ad aspettarmi. Da lassù il tramonto è bello sul serio, con la città, il lago e le montagne, ma fa un freddo della malora e tira un vento terribile. Io mi preoccupo: siccome guidano una Lada Niva, la prima cosa che mi viene in mente è che la loro auto si sia guastata sulla salita. Quindi mi incammino giù per la strada, continuo a non vedere nessuna auto, il sole è calato, comincia a fare buio, grido, chiamo, niente. Arrivo in basso, vedo le luci delle prime case, quando arriva un'automobile: sono loro! Cos'era successo? Quelle bestie si erano perse! Non in mezzo alle montagne, ma nella periferia di una cittadina di 30.000 abitanti in cerca della strada che sale. La sera, comunque, ci siamo tutti consolati davanti ad un magnifico pollo in agrodolce preparato per l?onomastico di un espatriato.
Di ritorno a Yerevan, abbiamo avuto la graditissima sorpresa di scoprire che Miguel de Clerck, il capomissione di ritorno dalle vacanze in Belgio, si è sbagliato e ha riempito la stufa d'acqua invece che di gasolio. Lo avrei strozzato. Comunque il nostro autista David, di passaggio per ricuperare Spiros, riesce a farla ripartire. Noi rimaniamo un giorno in più a Yerevan, perché il giorno dopo, il sei gennaio, è il Natale Armeno e vogliamo assistere alla messa di natale a Echtmiadzin, il Vaticano locale, celebrata dal Catholicos in persona, il capo della Chiesa Apostolica Armena. C'è un sacco di gente, tutti gli ambasciatori sono presenti, non è molto chiaro quando la messa comincia e quando finisce, i fedeli entrano, accendono ceri ed escono di continuo, ogni tanto sembra che succeda qualcosa di centrale alla cerimonia, con Calice, Ostia, che so, ma non è facile capire perché viene tirata una tenda in modo che la gente non possa vedere. Alla fine decidiamo di andare lì vicino in una chiesa molto più piccola ma molto più bella, dove assistiamo alla benedizione delle acque. In questa stupenda chiesetta di pietra, con quadri rappresentanti scene religiose alle pareti, davanti allo splendido altare vengono disposti una decina di secchi di plastica rossi, verdi e blu. Il prete immerge in ciascuno un magnifico crocifisso d'argento, e canta vari alleluia. Sul che i fedeli si avvicinano e riempiono delle bottiglie di plastica, portando quindi a casa la loro provvista di acqua santa. Torniamo a Yerevan, e dobbiamo prendere un pullman (anzi, un pulmino) per andare a Gyumri. Come in Africa, non hanno orari ma partono quando sono pieni.
La sera del Natale Armeno, di ritorno a Gyumri, siamo invitati dal nostro autista David, ma ci perdiamo nella periferia priva (come, d'altronde, anche il centro) di illuminazione. Chiediamo in giro "autista", "Toyota", "MSF", e un ragazzino ci porta da Haroutioun, il nostro altro autista il quale, felice e commosso della nostra visita, non ci lascia andar via prima di averci ingozzati di dolci, cioccolatini, kaki secchi, cognac e liquore di pesca. Infine, insieme a lui e alla moglie arriviamo da David con un ritardo spaventoso, ma loro sono contenti lo stesso e riscaldano tutto il pasto.
Primo week-end passato a Gyumri, ci voleva. Ieri sera siamo stati invitati da Anahit, sempre stupenda, che con la sorella, ci ha preparato un simpatico pranzetto a base di ravioli armeni (un po' tipo quelli cinesi), pesce, insalata russa. Anahit insisteva che mangiassimo, e il padre che bevessimo. Voleva a tutti i costi che ci scolassimo una bottiglia intera di cognac! Quando sembrava che il pasto fosse finito, ci hanno cambiato i piatti, noi credevamo arrivasse un dolce, e invece è arrivata una seconda infornata di ravioli. Ma quanto mangiano in questo paese?
Impossibile spedire questo file per e-mail; infatti da venerdì siamo senza telefono. Alla società telefonica dicono che c'è un corto circuito in casa o nell'isolato. Sono andato a controllare i fili, e ho visto che sono attaccati con lo sputo e il fil di ferro, escono dalla porta di ingresso, si attorcigliano intorno ad un palo, poi vanno a finire con un groviglio di altri fili arrivanti dalle case vicine su un altro palo tutto storto. Noi ci lamentiamo della nostra Telecom, ma tutto è relativo...