Libia sud est 2007. Diario (6)
Campo sotto la duna - Erg di Rebiana - Campo ventoso
23 febbraio 2007
km 207 (2122)
Nel corso della notte si è alzato il vento e la polvere più fine è entrata attraverso la zanzariera. La cosa non è bene augurante ed infatti, aperta la zip della tenda, mi accorgo che il tempo non è dei migliori. Vento, sabbia che vola ed appanna il cielo. Si intravede un bagliore lattiginoso in direzione del sole. Dunque l'alba colorata di due giorni fa e quella con alone scuro di ieri annunciavano proprio un bel vento di sabbia. Chissà se Auad ha sbagliato previsione o se ha deliberatamente mentito per non preoccuparci? Mah!
Dommage! La parte più bella dell'erg ci toccherà attraversarla senza poterla vedere. Nel gruppo serpeggia il malumore. E' comprensibile: quando mai torneremo qui? Per parte mia, se sono dispiaciuto di non poter vedere il mare di dune in cui ci troviamo, sono contento di poter seguire Auad nella ricerca alla cieca dei passaggi tra i cordoni. La visibilità è di un centinaio di metri, dunque bisogna fare attenzione a non perdersi e tenere d'occhio la macchina che segue, fermando la colonna se necessario. Questa volta Marco chiude ed io seguo Auad, in modo da segnalare ad Elvio i tratti molli. Il metodo funziona e la Land non avrà problemi.
Seguiamo i punti che abbiamo sul gps che si rivelano precisi. Auad apre, correndo tra i gassi fino a quando ritiene che sia ora di trovare un passaggio per superare un cordone. Allora rallenta. Si vede che sta cercando un'ombra, un segno, un indizio. Quando lo trova, si lancia su per il cordone e immancabilmente trova un passaggio agevole. Comincio a giocare anch'io. Mi faccio più sotto e quando rallenta comincio anch'io a guardare alla ricerca del possibile passaggio. A metà mattinata comincio a farci l'occhio. Ormai ne indovino 2 su 3. Col che, si dimostra che si trova sempre qualcosa da fare per divertirsi. Anche durante la tempesta di sabbia!
Dopo una sosta in un avvallamento tra due dune per fare lo spuntino di prammatica, riprendiamo la marcia. Stiamo sempre puntando ad est ma dopo un paio d'ore cambiamo direzione per seguire l'andamento dei gassi, in direzione sud ovest. Le dune si abbassano ed il terreno tra le dune diviene mano a mano meno sabbioso, fino a che non finisce per essere decisamente pietroso. Per viaggiare siamo costretti per lunghi tratti a percorrere le zone sabbiose alla base dei cordoni. Intanto il vento non diminuisce e proviene esattamente dalla direzione verso cui andiamo correndo parallelo ai cordoni di dune. Il risultato è che cerchiamo a lungo un posto riparato per fare campo senza trovarlo ed alla fine piazziamo le auto a far da parziale barriera al vento ed issiamo il telone da tempesta per riuscire a cucinare senza troppa sabbia per condimento.
Andiamo presto nelle nostre tende perché il vento è decisamente fresco ed i sacchi a pelo questa sera sono molto invitanti.
Campo ventoso - Mig - Foreste pietrificate - Waw Namous
24 febbraio
km 200 (2322)
Sole, aria ferma, cielo blu. La tempesta è passata lasciando dietro di se solo la temperatura bassina. Partiamo sulla sabbia e dopo cinquecento metri.. mi insabbio. Ero distratto ed è bastato un tratto senza la giusta dose di gas. Bel modo di cominciare la giornata. Provo a venirne fuori da solo con le sole piastre ma solo l'intervento di volenterosi "spingitori" mi estrae dalla morsa della sabbia molle. Mai distrarsi. Che mi serva da lezione.
Dopo un primo tratto tra affioramenti di calce molto scenografici comincia la marcia sconnessa che caratterizzerà questa mattinata. Le dune si rarefanno sempre di più e gli spazi tra una e l'altra sono dominate da pietraie. Il "gioco" consiste nello sfruttare tutta la sabbia possibile per viaggiare lisci, pur tenendo la direzione prefissata. E' divertimento per la parte sabbiosa e scassamento sulle pietre, che sono infide tanto che dopo un po' mi ritrovo con una gomma a terra. Sosta. Rigonfio e tiene. Evidentemente le pietre hanno fatto fare un movimento sbagliato al copertone creando una fuga d'aria momentanea.
Si riparte e la solfa continua ancora a lungo. Poi, giunti nelle vicinanze del nostro obiettivo torna la sabbia, compatta. Ah già: non ho ancora detto di che si tratta. Un relitto. Per la precisione quello di un Mig libico, o per lo meno quel poco che ne resta. I brandelli del velivolo sono sparsi su una grande superficie. Pezzi abbastanza piccoli, il che è comprensibile considerato che si è schiantato al suolo.
Pausa. Foto, pranzetto ed esplorazione del terreno circostante alla ricerca di testimonianze del passato. Naturalmente non trovo nulla e mi arrendo presto alla mia inettitudine in questo tipo di attività. Manca ancora un oretta al momento prefissato per l'adunata e ne approfitto per schiacciare un pisolino all'ombra della macchina.
La radio gracchia. Marco ci chiama a rapporto. Si decide per tirare dritto verso Wav Namous infilandoci dentro l'estremo lembo ovest dell'erg di Rebiana. Sulle prime sembra una scelta azzeccata ma dopo qualche chilometro capiamo di esserci cacciati in un bel casino. Le dunette sono piccole ma la sabbia compatta è pochissima e poco distinguibile da quella che "tiene". Prima o dopo ci insabbiamo tutti. Dopo due ore siamo fuori, avendo percorso appena 35 chilometri.
Per un pezzo seguiamo ora dei tracciati ben marcati e la pista è compatta. Appena il tempo di rallegrarsi ed ecco che ci troviamo davanti una zona di fesh fesh attraverso la quale dobbiamo necessariamente passare. E' un terreno dal colore grigiastro, con sopra uno strato più grossolano di colore nero. Anche l'aspetto è infido. Vi sono molte tracce ma non sempre è conveniente utilizzarle. Per evitare casini, Auad attacca Elvio con una cinghia e sparisce rombando in un nugolo di polvere. Ci facciamo coraggio e partiamo ben distanziati. Che casino! Si sprofonda molto e il motore fatica. L'unica tattica possibile è quella di non rallentare ed appoggiare le ruote su ogni piccola zolla di terra dall'aria più solida che si intravede. La tattica funziona ma è fonte di una bella tensione, anche perché questo tratto non è breve e si è sempre sul punto di piantarsi.
Torna la sabbia compatta. Viaggiamo veloci attraverso grandi piane punteggiate da vere e proprie foreste fossili. Alcuni tronchi sono lunghi due metri. Una serie di resti dei boschi che evidentemente prosperavano da queste parti. Ormai viaggiamo in ordine sparso. Davanti a noi ci sono immensi piattoni che ci permettono di puntare diretti verso il vulcano. Sarebbe una cosa facile se con l'avvicinarsi della meta il sole non fosse proprio di fronte a noi. Si vede poco ed il terreno che mano a mano diventa nero non aiuta a capire dove si sta andando. Via radio ci scambiamo impressioni sul terreno che incontriamo, cercando di scovare la traccia più solida. Il vulcano è ormai lì, a pochi chilometri e "gasati" il giusto viaggiamo veloci verso le sue pendici. E ci siamo. Salgo diretto verso il bordo dove intravedo le sagome delle altre vetture ed in un momento sono in cima. Mi trovo sul bordo di un grande catino nero, all'interno del quale si erge il cono del vulcano, di colore chiaro, con alla base tre laghetti. Spettacolare!
Correndo sul bordo del catino ci portiamo dalla parte opposta. Scelgo di fare il giro più lungo passando da ovest, in modo da avere il sole a favore per scattare qualche foto e quando arrivo all'appuntamento con gli altri mi ritrovo agli sgoccioli con il gasolio.
Con un filo di gas seguo gli altri giù dal vulcano verso nord per andare a fare campo in un cratere poco distante al quale si accede con una discesa vertiginosa, ben protetto dal vento e, soprattutto, ad un tiro di schioppo dal posto di controllo dei militari.
Ultimo rabbocco di gasolio, in cui finalmente riesco a non schizzarmi, lauto aperitivo e nottata tranquilla con visita di un fennek a caccia di cibo.