Sud America

15/01/2008

Argentina 2008 #1 - Bienvenido gringo!

Autore: Alberico Barattieri

Torino - Buenos Aires - Cordoba

martedì 15 gennaio 2008

Tutto è pronto, le sacche sono piene, il corredo da nerd è completo (macchina foto, telecamera, PowerBook, iPod, gps ed una serie infinita di cavi, cavetti ed adattatori) il biglietto è in tasca ed anche Cribbio è in buone mani. Mi aspettano 24 ore tra aeroporti e voli prima di sbarcare a Cordoba.

Ma come è venuta questa idea del Sud America ad un sahariano come me? Diciamo che la "colpa" primaria è di Olaf che da anni insiste sulle bellezze dell'Argentina e la secondaria è che sto cercando da tempo un posto dove si viva più tranquillamente che in questa vecchia, frenetica ed asfittica Europa. Scartata con grande tristezza l'Africa per l'instabilità congenita dell'intero continente il Sud America promette di avere spazi e ritmi che si avvicinano ai miei desideri. Dunque non è solo un viaggio di esplorazione "turistica" ma mi propongo di capire qualcosa della realtà argentina utile ad eventuali programmi futuri.

Il trasferimento è quasi senza storia se si eccettuano:
• il fatto che nonostante fossi vestito bene, sbarbato e bello come un sole sono stato fermato per controlli a Fiumicino. Evidentemente ho l'aria proprio sospetta, qualsiasi cosa faccia..
• lo scadente pranzo a bordo delle Aerolineas Argentinas (non pretendo un hasado, ma insomma, un piccolo sforzo..) condito da un alba colorata sorvolando Belo Horizonte e più tardi l'arrivo a Buenos Aires che dall'alto appare veramente sterminata.
• il trasferimento su un bus tra i due aeroporti (Ezeiza e Aeroparque) in una caotica Buenos Aires, su autostrade e viadotti che si infilano nei quartieri sfiorando case, giardini e monumenti e l'incontro con due compagni di viaggio simpatici grazie ai quali ho superato brillantemente il primo impatto con lo spagnolo e la segnaletica locale.
• il casino con gli orari che riescono a fare gli argentini, superato grazie al fatto di essere prudente ed aver cercato dei voli con un buon margine di tempo a disposizione per la coincidenza.
• la splendida vista dall'alto del quartiere Tigre con il suo reticolo di canali e del trafficatissimo corso dell'Orinoco durante il volo interno per Cordoba.

Cordoba - San Marcos Sierras

mercoledì 16 gennaio 2008

Aeroporto di Cordoba, ore 12 locali. Si apre la porta scorrevole ed ecco Olaf! Sorridente ed abbronzato come sempre. E' incredibile come con le persone con cui si è in sintonia ci si trovi immediatamente a proprio agio. E' come se non fossero passati 2 anni dall'ultima volta che ci siamo visti. Ci dirigiamo verso il parcheggio dove troneggia la sua ammaccata Nissan. L'avevo vista in foto e sembrava intera, ma Olaf mi racconta che il patatrac è successo poco tempo prima, quando Fabiana (sua moglie) è uscita di strada rischiando grosso. Considerato che alla fine della sua corsa le è caduto sopra un albero, non è messa poi così male (la macchina non la moglie!).
Partiamo in direzione della sierra, verso nord ovest. La strada è ben asfaltata e il traffico non è particolarmente intenso. Alla domanda: "preferisci fare asfalto o tagliare su sterrato attraverso la sierra?" la risposta è ovviamente la seconda. Ci infiliamo così su per uno sterrato che prima si arrampica attraverso boschi di piante spinose tra piccole casette e cabanas e poi restando in quota percorriamo dei saliscendi sempre con un ottimo fondo. Il terreno è umido e anche gli arbusti bassi che ricoprono la sierra sono di un bel verde che indica piogge recenti. In effetti Olaf mi dice che sta piovendo molto rispetto al solito e che tutto il verde che vedo non è abituale essendo una zona dal clima pre-desertico. Leggo i cartelli che incontriamo e comincio a scontrarmi con la lingua. A volte suona buffa, a volte ci si arriva per assonanze, a volte è proprio un rebus. Insomma, capisco poco e sono costretto a farmi tradurre un mucchio di cose dal mio anfitrione.

Giungiamo a Capilla del Monte ridente cittadina di vacanzieri che prende il nome da una cappella dedicata al patrono della città: Sant'Antonio da Padova. Ci rechiamo in centro a mangiare qualcosa. La cosa si fa interessante, considerato tutto il parlare che si fa della carne argentina. Troviamo un tavolino all'aperto al Viejo Palermo. Ordinata la birretta che ci sembra d'obbligo, mi lancio nell'esplorazione del menu nel quale noto due cose che mi incuriosiscono e mi preoccupano. E' curioso infatti vedere tortellini, ravioli e spaghetti, con secondi come la "milanesa". Ed è preoccupante perché quando leggo spaghetti all'estero temo sempre un attentato gastrico. Ma in fondo, visto il gran numero di argentini di origine italiana, dovrei trovarlo normale, o quasi. Però che diamine, non sono mica venuto qui per mangiar pasta. Dunque ordiniamo due bistecche, pardon, due bife de chorizo con patatine fritte. Ottime. Così come l'importo ridicolo del conto ma non come il caffè che di italiano ha purtroppo poco.

Ripartiamo alla volta di San Marcos Sierras. Sulla strada ci fermiamo a fare gas. Ebbene si, proprio gas, molto più conveniente di benzina e gasolio dato che nel sud del paese vi sono dei giacimenti. La stazione è grande, c'è la coda. In Argentina la rete di distribuzione è abbastanza capillare e oltre alle auto nuove, molti mezzi sono stati convertiti per essere alimentati a gas. Scendiamo dalla macchina come da regola il che mi permette di scoprire un'altra delle cose caratteristiche di questo paese. Il bar-spaccio annesso al distributore è grande, pulito e ben fornito e come tutti i locali simili è aperto 24 ore su 24. Una bella comodità in un paese così vasto e spopolato.

Qualche minuto più tardi ecco sulla sinistra il bivio per San Marcos Sierras. Il contenuto di una serie di cartelli posti subito dopo (la "piramide dell'energia", ed altre amenità simili) suggerisce qualche elemento sulla "diversità" della cittadina rispetto ai classici luoghi di vacanza. In effetti, a detta di Olaf, si tratta di una comunità formata prevalentemente da hyppies e gauchos che gestiscono città e territorio in maniera ecologica e naturale, al punto che non hanno asfaltato le strade per permettere ai gauchos di circolare a cavallo.
Scorrono ai lati della strada recinzioni con sporadiche case fino a che arriviamo all'entrata della città e finisce l'asfalto. La "main street" corre dritta fino alla piazza principale. Mano a mano che avanziamo gli isolati si infittiscono di costruzioni, tutte basse, abbastanza anonime e munite di giardino più o meno grande. Qualche negozio, una specie di stadio ed infine la piazza. Ci fermiamo sull'angolo proprio davanti al bar di Olaf. E' una costruzione d'epoca con soffitti in parte realizzati in travi di quebracho colorado (un legno durissimo ed eterno) che sostengono tavole di cotto a vista ed in parte piani per il recupero dell'acqua. L'esterno, tinteggiato di rosa, è decorato. Il tempo di guardarmi attorno e rendermi conto che tutta la piazza ha questa atmosfera tra il coloniale e l'hyppy che ripartiamo. In effetti ho una gran voglia di sdraiarmi un paio d'ore. Svoltiamo a sinistra in direzione del Rio San Marcos che si attraversa con un "oued" (le auto) o con un ponte (i pedoni). Di nuovo ville e "cabanas" sui due lati della strada. Ci infiliamo in una trasversale tra alberi che separano il tracciato da giardini, quasi tutti dall'aspetto abbastanza selvatico. Un paio di bivi, ad uno dei quali troneggia l'indicazione per l'ingresso al Museo Hyppy, e siamo a casa dei miei ospiti.
Il primo a farmisi incontro abbaiando è Ron, il "cane periscopio". Un bellissimo cucciolone con un orecchio perennemente in verticale. Poi arrivano le mie "nipoti" Luana e Naila che mi accolgono con grandi sorrisi ed infine Fabiana che con il suo pancione tiene giustamente un ritmo più lento. E' solo al quinto mese, ma la bambina sembra crescere robusta!
Dopo i convenevoli, sfatto, vengo guidato da Olaf verso la mia magione, in fondo al giardino. Una piccola casetta indipendente nella quale installiamo un letto in cui prontamente mi stravacco e dove in pochi minuti, sopraffatto da caldo e stanchezza, stacco i contatti.

Suoni acuti e lancinanti mi risvegliano. Nel torpore mi domando cosa diavolo possa essere ad emettere questi fischi. Sicuramente qualche animale, mi dico, immaginandomi qualche esotica specie di volatile. Ma mi sbaglio: sono si volatili ma si tratta di insetti. Le chicharras, una specie autoctona di cicala dalle dimensioni notevoli che ogni sera in questa stagione canta il suo richiamo d'amore. Caratteristico ma penetrante. Bisognerà farci l'abitudine, a partire dai loro voli rumorosi che mi sfiorano la testa ogni qualvolta attraverso il giardino per andare a casa K.
Sono le 19 e c'è ancora un bel sole. Il tramonto arriva tardi e anche l'ora di sedersi a tavola è spostata di un paio d'ore rispetto alle nostre abitudini ma, grazie agli ospiti comprensivi, alle 21 schiodiamo e ci rechiamo al ristorante. La Tahua si trova in posizione strategica sotto dei grandi alberi a lato del rio San Marcos. Troviamo un tavolo libero sotto le frasche da dove posso osservare il locale. C'è ancora poca gente ma il pizzaiolo (che realizza una pizza discreta) è già in pieno lavoro. Naturalmente mi guardo bene dall'ordinare una margherita e mi concentro sulla carne. Il menu è ostico perché a parte le pizze e le paste, tutto il resto mi suona sconosciuto. Con pazienza Olaf e Fabiana decrittano per me consentendomi di scegliere un piatto di cui non ricordo il nome, ma che in sostanza si può riassumere in un pezzo di carne che per consistenza e preparazione potrebbe avvicinarsi ad un nostro stracotto, naturalmente accompagnato da papas fritas. Ottimo.

Le chicharras si sono calmate, rientriamo a casa lungo la stradina che con il buio ha un aspetto quasi sinistro. E' una sensazione che non riesco a mettere a fuoco che qualche giorno dopo. E' dovuta alla natura dal tratto invadente che in questa zona è costituita principalmente da piante spinose dalla forma disordinata, come l'Algarrobo, di cui vi parlerò più avanti perché ora si tratta di estrarre dalle sacche e mettere in ordine il materiale tecnologico, accroccando ciabatte ed adattatori per le spine e dopo un bicchiere di latte andare a dormire sotto la mia prima stellata sudamericana.


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