Tunisi - Agadez - Diario (1) - Viaggi in Africa - alberico.com


23/10/2004

Tunisi - Agadez - Diario (1)

Autore: Alberico Barattieri

Agadez, la "capitale" dei touareg. Un luogo mitico ai margini del famoso Ténéré. Se poi si tratta di arrivarci partendo da Tunisi, attraversando la Libia ed infine passare dalle famose saline di Bilma prima di attraversare il deserto dei deserti sulle tracce delle antiche carovane del sale, chi non vorrebbe andarci? 
Così questa volta lascio la Gina a casa e mi unisco ad Athos ed agli agguerriti equipaggi in partenza per Tunisi.


Genova

23-10-2004

Porto di Genova, primo pomeriggio. I due gruppi di African Adventures ai comandi del D.G. e di Marco Fiaschi con il suo glorioso 80, si ritrovano ansiosi di imbarcarsi per Tunisi.Dopo la solita lunga coda sulla banchina, la ricerca della nostra cabina ed il pasto al self service del traghetto, navighiamo nella notte alla volta di Tunisi.

Tunisi - Ras Ajdir

24-10-2004

A bordo la vita procede lenta, soprattutto perché veniamo a sapere che a causa del ramadam sarà impossibile attraccare a Tunisi prima delle 21. Meraviglie della religione! Lo sbarco e l'uscita dalla dogana si rivelano abbastanza veloci, tranne per un componente del gruppo Fiaschi che viene "beccato" con il gps e costretto a compilare i moduli per l'importazione. Puntiamo diretti verso la frontiera libica con una lunga tirata che dura tutta la notte.

Ras Ajdir - Shwairif

25-10-2004

Alle 7,30 siamo alla frontiera tra Tunisia e Libia. Solito casino ma, da parte tunisina, più lento e caotico del solito. Lachtar, la guida che avevamo avuto a Natale per il giro nell'Akakus, è lì ad attenderci. Usciti dalla frontiera andiamo a Zuara per fare benzina e gasolio. Al solito distributore all'ingresso della città, sotto il minareto in costruzione, troviamo un alimentari aperto: pane, verdura, frutta e bibite ghiacciate per tutti. Qui le strade dei due gruppi si dividono: il più numeroso gruppo Fiaschi si dirige a sud verso Ghadames  e noi verso est alla volta di Sabrata, antica città romana. 

Il nostro gruppo è composto da quattro macchine che dovranno essere vendute in Niger. Sulla vettura del D.G. (alias Athos) uno splendido Toy 60, oltre a lui ci sono "statuto speciale" Yanick, la sua guida Marta ed il vostro umile cronista. Segue la "Sgarambona", Range Rover di lungo corso con a bordo "Piedone" Alberto, la sua metà Charly e l'avionico Paolo con la sua assistente di volo Maria. L'ispettore "rangett" Ago con l'enciclopedico "Ligurù" Adriano e sua figlia "moto perpetuo" Paola, sono a bordo della Range di Ago che si distingue dal rumore di scarico simile ad un off shore e dall'avere sul tetto una moto. Completa il gruppo un'altra Range con alla guida "adrenalina" Marcello ed il suo calmante Barbara.

Arrivati a Sabrata, mentre alcuni visitano le rovine, altri si dedicano a trasferire la moto dal tetto della Range di Ago al pickup di Lachtar: la Yamaha è infatti destinata al proprietario dell'agenzia libica per cui la nostra guida lavora. Ci mettiamo in strada verso sud, in direzione di Sebha dove contiamo di arrivare domani. Viaggiamo abbastanza velocemente, anche se il nostro 60 fa fatica a stare dietro alle Range. In serata arriviamo a Shwayrif dove ci accomodiamo nel locale albergo. Durante il pranzo, che è ottimo ed abbondante, assistiamo alla programmazione della TV libica in questa ricorrenza speciale: il giorno della vendetta. Contro chi? Ma contro noi italiani, naturalmente. Alla faccia dell'appena proclamato Giorno della Concordia, appena istituito sulla base degli accordi presi con il nostro governo.
La temperatura ed il cielo mi spingono insieme ad Ago, Marcello e Barbara a dormire sul tetto anziché nelle camerate.

Shwairif - Sebha

26-10-2004

Sveglia presto, come al solito, e partenza. Quando cominciano ad apparire le prime dune dell'estremità orientale dell'Erg Ubari che ogni tanto invadono l'asfalto, sappiamo di essere quasi arrivati a Sebha.  Nel momento in cui a queste si sostituisce un'alternanza di campi coltivati e discariche ne siamo certi. L'ingresso in città è il solito casino di traffico e di semafori che vengono interpretati con la stessa logica con cui il tipico possessore di auto libico guida. Raggiungiamo in breve la sede dell'agenzia Allawi, nostra interfaccia per il territorio libico.

Cambio di guide. Lachtar ci saluta (non prima di averci fieramente mostrato la Range che si è appena comperato) ed il suo posto viene preso da un nomade alla guida di un pickup Toyota. Dopo esserci recati a fare un pieno di ogni più piccolo contenitore ed aver acquistato un po' di frutta-verdura-acqua-pane, ci avviamo verso sud. A parte l'aeroporto, il vecchio forte italiano, un nuovo quartiere per la polizia in ultimazione e le solite discariche che incontriamo uscendo da Sebha, il paesaggio è monotono e piatto. A Traghan, 80 km e qualche villaggio più a sud, controllo della polizia, benzinaio e bivio; prendiamo ad est per andare ad imboccare la strada asfaltata per Al Katroun. Ancora qualche decina di chilometri nel tramonto e, ormai al buio giunti al bivio svoltiamo a sud.
E qui succede l'imprevisto che ci ricorda che siamo in Africa e tutto può succedere. Il Toy improvvisamente si mette a fare un rumore non bello dal motore. Ci fermiamo. Ago, capo meccanico del gruppo diagnostica qualcosa di brutto nella testa: valvola o qualcosa di simile. Mannaggia! Viene presa velocemente la decisione di recarci al più vicino villaggio dove c'è un meccanico per vedere cosa si può fare. Ago ci prende al traino e ci rechiamo alla volta di Um Al Aranib dove una famiglia locale si offre di ospitarci mettendo a disposizione il cortile per le auto e un grande locale riccamente arredato con tappeti e cuscini. Cominciamo a mettere le macchine nel cortile quando interviene un'altro evento tipicamente africano. Il poliziotto al nostro seguito si oppone a che noi si stia ospiti e ci prospetta una notte nella locale sede della polizia.
Mentre succedono queste cose, l'altra parte del dramma, quello meccanico, sta proseguendo. E' infatti arrivato il mecanicien (parla francese, viene dal Niger) che aperta la testa e fatti i controlli del caso diagnostica che il motore non è in fase. Dato che però il rumore persiste, sono ormai passate le 21 e la prospettiva di una notte con i poliziotti libici non ci alletta, il D.G. prende una di quelle decisioni improvvisate ma logiche che sono la sua forza di italo-svizzero: si torna a Sebha trainando il Toy per 160 chilometri. La logica della mossa è evidente: portarsi nel posto più attrezzato per le riparazioni nella notte in modo da poter verificare la possibilità di procedere nel viaggio come previsto fin dal mattino seguente, nel tentativo di non perdere più di un giorno  sulla tabella di marcia.
I primi chilometri sono appannaggio di Athos ma dal controllo di Traghan fino a Sebha tocca a me guidare. Si viaggia con punte di 80 kmh. senza grandi difficoltà, se si eccettuano il passaggio a fianco di un'autobotte rovesciata e l'attraversamento dei paesi. Il 60 ha i freni posteriori a tamburo e l'unico freno a disposizione per non tamponare Ago che mi traina è quello a mano: un paio di volte ho delle belle scariche di adrenalina.
Una volta arrivati ci rechiamo al locale albergo dallo stile  e dal servizio similsovietico e presto siamo tutti a nanna. Purtroppo per me mi ritrovo tra due fuochi: a sinistra russa da tenore Paola, a destra le fa contrappunto il baritono Adriano.

Sebha - Campo a sud di Um Al Aranib

27-10-2004

All'alba Athos e Ago spariscono alla ricerca di una soluzione. La diagnosi definitiva è che il Toy si è tritato la fascia di un pistone. Considerato che il pezzo di ricambio non è disponibile in tempi brevi (i Toy in Libia sono tutti a benzina) non resta che lasciarlo alle cure di Allawi e noleggiare un mezzo che possa trasportare il nostro equipaggio fino al confine, dove da ieri ci attende invano la nostra guida nigerina. E' ormai pomeriggio e saliti sul Toy 80 noleggiato da Athos ripartiamo verso sud. Arriviamo al fatidico bivio del giorno prima e proseguiamo. L'asfalto è in pessime condizioni e spesso è invaso dalla sabbia. Dopo una ventina di chilometri arriva il tramonto, le guide si mettono finalmente a bere ed a mangiare e noi facciamo campo nella sabbia a lato della strada.

Campo a sud di Um Al Aranib - Campo a sud di Al Katrun

28-10-2004

Sveglia prima dell'alba e partenza in direzione di Al Katroun. L'asfalto è in pessime condizioni e passato il controllo dopo una ventina di km proseguiamo sulla pista che costeggia la strada, molto più scorrevole. 
Arrivati ad Al Katroun, dopo un breve controllo fuori città, ci fermiamo alla gendarmeria del paese per le pratiche di uscita dalla Libia. Come al solito i tempi sono libici: lunghissimi. Ne approfittiamo per fare qualche acquisto al mercato locale.Proseguiamo sulla pista ben tracciata verso sud. Corriamo a fianco di una strada in costruzione con già i picchetti che serviranno da guida per l'asfaltatura. Ogni tanto qualche tratto è percorribile ed allora il gioco è non prendere uno dei picchetti che delimitano la metà della carreggiata. Dal posto di blocco militare seguente (Al Wig?) si viaggia decisamente sul nuovo tracciato, anche se ogni tanto è ostruito con del materiale di riporto.

Arriviamo ad una passe dove il percorso si blocca. Bisogna aggirare l'ostacolo per riprendere il tracciato attraverso un terreno dissestato. Appena rientrati sul tracciato, dal fianco sinistro della strada si materializzano degli uomini armati di Kalashnikov. Sono militari ma in borghese e la cosa non fa' un bell'effetto. Il nostro poliziotto al seguito scende, si fa riconoscere e ottiene l'ok per proseguire.
Procediamo tra pianure immense su parte della pista nuova. Poi ogni 200 m., forse per evitarne l'uso ai camion, cominciano a comparire delle strette chicanes. La guida, che il nostro autista chiama con disprezzo Alì Babà, comincia a piantare grane. Quando manca ancora un'ora al tramonto si mette a prendere direzioni "strane", andando ad est. Lo rincorriamo. Comincia una manfrina in cui lui si dichiara stanco, vuole fermarsi e, una volta ripresa la marcia si mette a viaggiare pianissimo. In realtà è tutt'altro che stanco ma teme, arrivando stasera a Toummo, di perdere una giornata aggiuntiva di diaria da spartire con il poliziotto che gli tiene bordone. I due arrivano al punto di cazziare il nostro autista che difende le nostre ragioni. Alla fine tramonta il sole e siamo costretti a fare il campo.
All'ora di mettersi a nanna si materializza con una indiavolata scorribanda il Ligurù, antico e mitico animale della Giargiania superiore..

Campo a sud di Al Katrun - Campo a nord di Dao Timmi

29-10-2004

Ripartiamo lungo la pista, sempre ben tracciata. Si viaggia ad una buona media. Ago ne approfitta per distruggere una gomma. A 17 chilometri dal confine deviamo a destra per raggiungere il posto di polizia che sorge a fianco di una pista di atterraggio. La pista é costruita con una infinita serie di piastre da sabbia metalliche. Alle estremità mancano diverse zone da cui, evidentemente, qualcuno ha svitato le piastre per utilizzarle altrimenti. Nonostante che alcuni si mettano a scorazzare sulla pista avanti e indietro fotografandosi la polizia non fa una piega e ci timbra velocemente i passaporti per l'uscita dal paese.

Gli ultimi 3 km prima del posto militare di confine sono asfaltati di recente, segno evidente che il lavoro di tracciamento della nuova strada che abbiamo trovato negli ultimi due giorni è (era?) destinato ad arrivare fino a qui.Nel piazzale antistante il distrbutore/base militare ci fermiamo per le ultime formalità in attesa che la guida nigerina arrivi a prenderci. Accanto alle nostre macchine c'è un camion 6x6 stracarico che fa parte del supporto logistico della carovana di dromedari in attesa ad 800 metri di distanza. L'autista mi domanda del tabacco ed in cambio mi dona un bellissimo cappello in paglia, di quelli in uso presso i bororo.

Abbiamo tempo e decidiamo di andare a vedere la carovana. Si tratta, come mi spiega quello che a giudicare dall'ottimo francese, dall'eleganza e dalla splendida dentatura in oro individuo come "capo", di allevatori nigerini che si recano in Libia; tappe ad Al Katroun ed a Sebha per la vendita delle mandrie. Deve essere ancora un lavoro redditizio se consideriamo il numero di bestie ed il supporto logistico necessario a trasferire tanti animali su grandi distanze senza pascoli ne pozzi d'acqua. Ho contato 5 camion 6x6 di cui una autobotte.

Sapendo che la guida nigerina sta risalendo da Madama, Athos decide di guadagnare tempo andandogli incontro. La guida ed il nostro autista ottengono un permesso temporaneo per accompagnarci in territorio nigerino. Questa volta chi ci prova è il nostro autista che, al momento di partire chiede 300 dinari in più, cioè il doppio della sua diaria. Non concessi. Si parte lo stesso.

Dopo un'oretta incontriamo Mahamoudane, la nostra guida, che a bordo di un 61 ci rileva dai libici che lasciamo partire senza troppi rimpianti.Miscelazione degli equipaggi: Yanick e Marta salgono con Mahamoudane ed assistente, Athos monta con Ago ed io mi aggrego a Marcello e Barbara. Viaggiamo tutta la mattina in uno scenario arido ed ampio. Il Plateau di Mauguenni scorre alla nostra destra. Un piccolo brivido corre pensando che si tratta del "rifugio" dei gruppi salafisti.

Finalmente giungiamo a Madama, porta d'ingresso in Niger. Mentre Mahamoudane si occupa dei passaporti noi facciamo una sosta picnic sotto una grande acacia ad un chilometro di distanza.Dopo un paio d'ore siamo pronti per ripartire. Inizialmente puntiamo ad est in direzione dell'Emi Fezzane, un grande cono nero ben visibile all'orizzonte di fronte a noi, poi pieghiamo decisi verso sud, in direzione di Dao Timmi. Il territorio è desolato, si alternano zone sassose ad altre sabbiose. Ogni tanto si incontra una "moschea di viaggio", piccolo spazio delimitato da pietre, orientato verso la Mecca; una sorta di luogo di preghiera per i viaggiatori. Poi vari segni del passaggio dei migranti che dal sud del Sahara cercano una via per l'Europa: scritte con nomi e paesi di provenienza, Cameroun, Burkina.. 
Si viaggia abbastanza spediti fino al tramonto. Qui Mahamoudane devia a destra in direzione di una depressione sabbiosa. Lungo un costone protetti dal vento facciamo campo.

Campo a nord di Dao Timmi - Campo a sud di Chirfa

30-10-2004

Il paesaggio non cambia molto dal giorno precedente. Arriviamo a Dao Timmi. Posto di controllo dei militari, molto gentili, affabili e fieri di collaborare con gli americani. Indubbiamente questa parte di Africa mi stupisce. Non rispettano più di tanto il ramadam, sono filoamericani, non bevono alcolici di nascosto come fanno, ad esempio, i "rispettosi dell'islam" libici. Abbandonato il posto di controllo ci fermiamo dopo pochi chilometri sotto delle acacie per uno spuntino prima di affrontare gli ultimi 40 chilometri che ci separano da Seguedine. L'arrivo al villaggio è caratterizzato da una discesa dolce tra due piccole falesie, con di fronte il nulla piatto del Tafassaset e lo svettare del Pic Tussidé, cono perfetto posto poco a sud del paese. All'ingresso la Balise Berliet numero uno.

Di Seguedine avevo un idea che, ancora una volta, non corrisponde alla realtà: una oasi di dimensioni non grandi con una via principale di povere botteghe, tanto caldo, tanta polvere e tanti bambini. E' il nostro primo incontro con un luogo popolato e si rivela dolce e terribile al tempo stesso. Dolce per la posizione, per il sorriso dei suoi bambini, per i colori dei vestiti che indossano. Terribile per il numero di affetti da patologie oculari, per l'estrema povertà, per l'idea di desolazione che il suo isolamento implica. Mentre Mahamoudane si occupa delle formalità con i militari, Ago inizia una distribuzione di vestiti usati e giochi che nonostante la preoccupazione di avere come unico interlocutore lo "chef" del villaggio, presto degenera in un rumoroso assembramento. Facciamo rifornimento d'acqua al pozzo aiutati da alcuni locali.
Mentre le operazioni sono in corso scambio qualche parola con un ragazzino il quale mi dice di essere lì di passaggio: è del Burkina e sta cercando di risalire la pista che porta in Libia. Avrà si e no 14 anni!

Ripartiamo alla volta di Chirfa, porta di accesso all'altopiano dello Djado. La pista si tiene ad una certa distanza dall'altopiano alla nostra destra e prosegue su dolci ondulazioni sabbiose permettendoci di viaggiare veloci. A 49 chilometri da Seguedine facciamo una sosta per ammirare alcuni tronchi fossili.
A metà del percorso verso Chirfa cala la sera e facciamo campo su un sabbione ai piedi di un'altura. Tramonto coloratissimo sul Tafassaset di fronte a noi. L'aria è tiepida: faccio una (pseudo) doccia con le stelle che occhieggiano sopra di me. Mentre pranzo amabilmente con i miei compagni vengo aggredito proditoriamente alle spalle dal Ligurù..


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